Avrei potuto scrivere un’ode in stile oraziano, tanto mi sentivo di umore classico mentre salivo lentamente sulle alture dei verdi Colli Albani lasciandomi alle spalle i vapori dell’arida e gialla Campagna Romana, e il primo alito di vento fresco mi soffiava incontro dai castagneti di Monte Cavo. Devo proprio prendere sul serio i poeti romani, primo fra tutti il mio Orazio, che anelavano all’aria e alla vita di campagna, e strada facendo mi vennero in mente infiniti passi delle loro poesie, in cui manifestano questo desiderio, a volte lamentandosi, altre volte in tono allegro. E così gli ultimi giorni della mia permanenza a Roma, vissuti dormendo e oziando, nello sfinimento fisico e mentale, mi hanno spinto ad approfondire gli studi classici. Chi non ha trascorso almeno una settimana a Roma ansimando nella canicola di luglio o agosto, non può comprendere appieno l’oraziano Hoc erat in votis.