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Nota editoriale di Aldo Meccariello
Questo numero è in larga parte dedicato ai problemi della scuola. Molti dei saggi qui raccolti nascono da due convegni che si sono tenuti nel 2023 a Terni (18 e 19 Ottobre) e a Frascati (Villa Falconieri, 20 e 21 Ottobre), in occasione dei 100 anni dalla Riforma di Giovanni Gentile. La scuola è stata al centro di molteplici attenzioni specialistiche, da parte di pedagogisti, di sociologi, di sindacati di categoria, di consulenti di ministri, di commissioni di studi, ma non è stata mai, salvo rare occasioni, una questione nazionale. Qualcosa di profondo è accaduto nella scuola italiana e i saggi che presentiamo vanno in più direzioni disciplinari per ripensare e verificare se sia possibile disegnare un nuovo progetto di processi educativi, al riparo dalla sorveglianza digitale che ha subito un’accelerazione in tempi di pandemia e da una nevrotica corsa al cambiamento a 100 anni dalla Riforma di Giovanni Gentile. L’ideale della paideia, prima gentiliano e crociano, ha ceduto lentamente ma inesorabilmente il passo ad un pedagogismo scientista, che chiama in causa come proprio referente una mente naturalizzata, totalmente spossessata di un senso dell’agire che non sia l’operare macchinico: il compito del percorso didattico diviene quello di implementare in essa competenze e abilità operative per risolvere problemi dati, al di là di ogni definizione della realtà umana in termini esistenziali o storico-politici. La riforma gentiliana, di là dalle possibili critiche che ad essa possono muoversi, aveva una precisa fisionomia, che concepiva la scuola come una paideia, al cui vertice vi era la filosofia. La Costituzione antifascista del 1948 non mutò la scuola gentiliana nella sua struttura, ma a tutela dell’insegnante scrisse parole che dovrebbero valere nella lettera e nello spirito per sempre. Ossia che la cultura e l’istruzione fossero come un potente strumento per l’affermazione individuale e per la dignità della persona umana.
Apre il numero il saggio di Antonio Allegra che mira ad indagare il mutamento di paradigma che ha coinvolto l’istruzione in favore dell’integrazione della tecnologia nei processi di insegnamento e apprendimento. L’Autore esplora alcune piste della complessa relazione tra la rivoluzione digitale e l’istruzione, evidenziandone alcune sfaccettature e implicazioni e inserendola all’interno del più ampio contesto dell’impatto generale della rivoluzione digitale stessa. Un primo gruppo di saggi invece entra nel merito della riforma gentiliana a 100 anni dalla nascita. In particolare il complesso saggio di Hervé A. Cavallera analizza le caratteristiche strutturali della riforma della scuola, l’unica pensata ed elaborata da un filosofo: la centralità della filosofia consente a Gentile di poter affermare che tutte le scienze nascono dalla filosofia, poiché le scienze non sono altro che procedimenti specialistici che suppongono una visione generale, ossia la filosofia. Scrive l’Autore: «In realtà, nella riforma l’identificazione gentiliana di filosofia e pedagogia si riscontra nell’insieme del cursus formativo che rispecchia il ritmo del divenire dialettico (momento del soggetto: scuola primaria, momento dell’oggetto: scuola secondaria, sintesi: università). […] Inoltre assume notevole risalto, quale prima non aveva, la figura del docente per il suo ruolo educativo oltre che per la competenza specifica. Infatti l’educazione si fa nella scuola e sotto tale profilo il ruolo della lezione orale è insostituibile per la capacità che il docente deve avere di coinvolgere gli alunni». Il saggio di Marco Antonio D’Arcangeli prende in considerazione, rifacendosi agli interpreti più accreditati, i contenuti e il significato della Riforma di Gentile in relazione alle sue idee filosofiche e politiche e ai suoi rapporti con il fascismo (movimento e regime) e ne valuta le implicazioni per il sistema educativo del nostro Paese, anche nei primi decenni dell’Italia repubblicana. E poi il contributo di Francesco Forlin si interroga su cosa significhi oggi, fare scuola gentilianamente. L’Autore spiega che «è difficile conciliare la complessità delle richieste che la riforma gentiliana avanzava, la profondità della relazione docente-discente ch’essa, almeno ai livelli più alti, contemplava, con i numeri di una scuola di massa e, soprattutto, con i valori di una società che, come la nostra, sembra sempre più convinta che la scuola debba per un verso sopperire alle mancanze delle famiglie, per l’altro fornire agli studenti un sapere che risulti immediatamente spendibile».
Un secondo gruppo di saggi procede in varie direzioni. Il saggio di Giovanni U. Cavallera esamina la riforma della scuola elementare di Giuseppe Lombardo Radice che tenne per incarico del ministro Gentile, la direzione generale delle scuole elementari, collaborando alla riforma della scuola. Scrive l’Autore: «In realtà i programmi per la scuola elementare sono un documento assai importante in quanto non solo esprimono l’alto sentire educativo che Lombardo-Radice affidava agli insegnanti elementari, ma rispecchiano il contesto culturale e sociale dell’Italia e del tempo e indicano adeguati approcci didattici in modo da garantire una scuola attraente anche per i bambini provenienti da famiglie analfabete. Sotto tale profilo, si tratta di programmi innovativi e didatticamente pregevoli».
In tutt’altra direzione lavora Martine Gilsoul che si sofferma sulla figura di Maria Montessori nel contesto della scuola italiana di quegli anni e sui legami diretti con Giovanni Gentile. L’originalità dell’impostazione scientifica di Maria Montessori rende difficile la sua collocazione nel quadro delle correnti politiche e filosofiche del suo tempo a significare che vi fu un allargamento di orizzonti e di idee dei processi educativi e formativi dibattuti nella scuola italiana. Il saggio di Pasquale Giustiniani tocca aspetti speculativi della riforma scolastica agli inizi del ‘900 e si sofferma sulla convergenza tra istanze di rinnovamento pedagogico-didattico e leale collaborazione con la santa Sede. In ottica neo-conservatrice, la riforma scolastica gentiliana andava a convergere nell’idea, già gramsciana, che la conquista della società passi per la conquista della cultura, però non fino al punto da poter ignorare le autonome aspettative della forte presenza cattolica nella società italiana. Rodolfo Sideri nel suo contributo prende in esame le posizioni di due allievi di Gentile, Ugo Spirito e Guido Calogero in merito al problema del rinnovamento della scuola. In particolare, il primo propone di orientare il rinnovamento in direzione della valorizzazione della competenza, tanto per i discenti quanto per gli studenti mentre il secondo si fa portatore di una riforma della scuola sulla base del modello anglosassone. Entrambi rivelano, però, la comune ascendenza gentiliana nella considerazione della filosofia come etica e pedagogia. Chiude questo secondo gruppo, il saggio di Marco Vanzulli che affronta i rapporti tra Gramsci e Gentile segnatamente sul terreno sulla scuola, della cultura e dell’egemonia e quello di Alberto Aghemo che focalizza il pensiero di Giacomo Matteotti nel campo dell’istruzione e della politica scolastica. Infine gli ultimi tre saggi affrontano questioni attuali, il primo di Sara Fortuna sulla democratizzazione del sistema scolastico italiano, il secondo di Francesco Ugolini sull’evoluzione dell’Istruzione a distanza (Iad) e sull’impatto delle tecnologie nei processi di apprendimento e il terzo di Rosaria Garra sui modelli culturali che ispirano la letteratura dei libri di testo per leggere criticamente e interpretare le varie riforme della scuola a partire da quella gentiliana.
Nella sezione finale del numero da segnalare sei recensioni a volumi che tratteggiano vari percorsi di lettura per i nostri abbonati e lettori.