«Il linguaggio è l’espressione dei nostri pensieri mediante segni arbitrari.» Tale definizione è contenuta all’interno dell’articolo sull’origine del linguaggio pubblicato nel 1795 sul Philosophisches Journal di I. Niethammer. L’opera palesa l’interesse di J. G. Fichte circa la tematica linguistica, permanendo tuttavia un episodio isolato: non segue infatti a essa l’elaborazione di una Sprachlehre genetica che trovi una collocazione nel sistema delle scienze fondato sulla Wissenschaftslehre. Il presente lavoro riflette su tale “vuoto sistematico” e si mette sulle tracce di una filosofia trascendentale del linguaggio, rilevandone la presenza – se pur frammentaria – già a partire dalle opere giovanili e del periodo jenese. In questo momento della riflessione fichtiana comprendere il linguaggio in maniera genetica risponde in primo luogo all’esigenza di comunicare in maniera efficace una filosofia nuova, evitandone così il fraintendimento. Inoltre, l’analisi trascendentale del legame tra linguaggio e pensiero consente di vedere in maniera rinnovata la soggettività. In una prospettiva intrasoggettiva e propriamente gnoseologica la Sprachlehre è inserita nella generale teoria della conoscenza e del giudizio: il segno è dedotto in quanto immagine della potenza creatrice dell’immaginazione produttiva, dunque della libertà del Geist, e funge da supporto per la memoria in quanto aiuta lo spirito nel ricordo delle conoscenze pregresse. In questo senso è portato alla luce l’antico legame tra retorica e filosofia e le regole dell’oratoria classica sono reinterpretate in chiave trascendentale all’interno delle lezioni di logica e metafisica tenute presso l’Università di Jena. In una prospettiva intersoggettiva l’atto linguistico è un atto comunicativo che implica una dimensione relazionale e la Sprachlehre reca traccia della dottrina dell’Aufforderung, elaborata da Fichte proprio in quegli anni. La formulazione del sapere di sé è innescato e influenzato dal riconoscimento reciproco tra individui, da quella dialettica Io-Tu che giustifica la genesi dello strumento linguistico mediante cui la sollecitazione all’espressione dell’altrui libertà è comunicata.