Disputa sugli indios

Bartolomé de Las Casas, Juan Ginés de Sepúlveda

Disputa sugli indios

La Giunta di Valladolid

a cura di Saverio Di Liso

  • 2020
  • p. 467
  • ISBN: 9788895611778

€ 40

Il dibattito tra Las Casas e Sepúlveda, che avvampò nelle sedute della Giunta di Valladolid (1550-1551), verteva sulla natura degli indios e sulla legittimità del dominio della Spagna contro le popolazioni indigene del Nuovo Mondo.
A partire dai molteplici nodi tematici della disputa – la guerra “giusta” e il perseguimento della pace; il diritto alla predicazione evangelica e la libertà morale e religiosa, culturale e rituale dei popoli; la protezione degli innocenti e la questione della servitù naturale; l’imperialismo nazionalistico e l’universalismo pacifista – si delinea il rapporto tra diritto divino, diritto naturale e diritto positivo e la dialettica tra potere e coscienza, che investiranno la cultura e la politica dell’Età moderna.
La parte centrale del volume è costituita dal testo delle Obiezioni di Sepúlveda e delle Repliche di Las Casas, che sono qui tradotte per la prima volta integralmente in italiano.



Il curatore

Saverio Di Liso, nato a Bari nel 1969, si è laureato nel 1992 all’Università degli studi di Bari, con una tesi su “Antonio Genovesi e la fonte vichiana”. Nel 1999 ha conseguito il dottorato di ricerca in “Discipline storico-filosofiche” (XI ciclo) presso l’Università degli studi di Lecce, discutendo una dissertazione dal titolo “Il pensiero logico di Domingo de Soto”.
Attualmente dirigente scolastico, per oltre vent’anni è stato docente di Filosofia e storia nei Licei. È professore incaricato di Storia della filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese. Ha pubblicato, tra l’altro, Domingo de Soto. Dalla logica alla scienza, Bari 2000; Domingo de Soto: cienciay filosofía de la naturaleza, Pamplona 2006; Bartolomé de Las Casas / Juan Ginés de Sepúlveda, La controversia sugli Indios, a cura e con un’Introduzione di S. Di Liso, Bari 2007; La Relectio de arte magica di Francisco de Vitoria, in «Rivista di storia della filosofia», 70 (3/2015), pp. 527-555; Antonio Genovesi metafisico e mercatante, Roma 2016; On the Threshold of Galilean Science: Domingo de Soto and Tommaso Campanella, in «Forum», Supplement to «Acta philosophica», 4 (2018), pp. 83-101; Antonio Genovesi. Tratti generali del suo pensiero filosofico ed economico, «Acta philosophica», 28 (2019), pp. 299-316; Giorgio La Pira: il Mediterraneo e il futuro dell’Occidente, «Apulia theologica», 6 (2020), pp. 33-44.


L’Autore

Juan Ginés de Sepúlveda è stato un umanista, scrittore e presbitero spagnolo.

Il suo interesse per Aristotele lo portò a tradurre in latino varie opere dello Stagirita (e.g. Parva naturalia 1522, Politica 1548). Il pensiero aristotelico avrebbe esercitato un influsso duraturo su Sepulveda. Soprattutto il concetto di “schiavo per natura” elaborato nel libro della Politica (Aristotele, Politica I, 4-5) avrebbe influito sulle sue posizioni filosofiche. Frequentò anche le lezioni di Pietro Pomponazzi. Dopo il sacco di Roma nel 1527, Sepulveda si trasferì a Napoli presso il cardinal Caetano (Tommaso de Vio), che lo incaricò di rivedere il testo greco del Nuovo Testamento.

Nel 1533 e nel 1534 Sepulveda scrisse a Erasmo sulle differenze tra la sua versione del Nuovo Testamento greco e il Codex Vaticanus. Fu avversario di Bartolomé de Las Casas nella controversia di Valladolid nel 1550 sulla giustificazione della conquista spagnola delle Indie. Sepúlveda si erse a difensore del il diritto di conquista dell’Impero spagnolo, argomentando sulla base della filosofia del diritto naturale e sviluppò una posizione diversa quella della Scuola di Salamanca, rappresentata da filosofi come Francisco de Vitoria. Egli definiva i nativi americani come uomini humuncoli, cioè esseri inferiori rispetto alla razza umana. Gli si opposero soprattutto i pensatori dell’Ordine Domenicano: la scuola di Salamanca e Bartolomeo de Las Casas, secondo i quali i nativi americani erano uomini come gli altri, aventi tutti gli stessi diritti degli europei, basandosi sulle dottrine di Tommaso d’Aquino, uno dei principali studiosi occidentali del diritto naturale.

L'Autore

Bartolomé de Las Casas è stato un vescovo cattolico spagnolo impegnato nella difesa dei nativi americani. Viene altresì ricordato per aver inizialmente proposto a Carlo V l’importazione di schiavi neri per sostituire gli indigeni nei “laboriosi inferni delle miniere d’oro delle Antille”; tuttavia, ritrattò in seguito questa posizione, schierandosi al fianco degli africani schiavizzati nelle colonie. Fu anche il primo ecclesiastico a prendere gli ordini sacri nel Nuovo Mondo. I padri Domenicani della Curia Provinciale di Siviglia hanno aperto la causa della sua beatificazione nell’anno 2002, per cui la Chiesa cattolica gli ha assegnato il titolo di Servo di Dio.

Su suo impulso e grazie alla sua attività di denuncia del sistema di sfruttamento degli indios vennero compilate le “Leggi nuove” ratificate da Carlo V, con le quali venivano abolite le encomiendas, strutture organizzative agricole fondate su un sistema schiavistico-feudale, principale causa dello sfruttamento dei nativi. Gli scritti di Las Casas non hanno fini letterari ma documentali e di testimonianza. Anche per questo utilizzano un linguaggio lineare ed efficace non consueto nella prosa spagnola dell’epoca, che ha contribuito alla loro fortuna. L’obiettivo è denunciare le atrocità perpetrate contro gli Inca ed evidenziare le qualità positive di queste popolazioni: l’autore condanna la violenza e la cupidigia, ma non è certamente contrario a diffondere il Cristianesimo. Anzi, proprio dal cristianesimo Las Casas trae quella spinta universalistica e quell’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini che ne animano l’opera e che lo spingeranno a denunciare anche le violenze dei portoghesi in terra d’Africa. La fortuna di Las Casas come scrittore fu scarsissima in campo cattolico ma suscitò grandi entusiasmi tra protestanti e illuministi. In effetti i suoi scritti divennero un formidabile strumento di propaganda che i nemici della Spagna colonialista ebbero da quel momento in poi a disposizione. I resoconti di Las Casas rappresentano naturalmente un elemento cardinale della “leggenda nera” sulle atrocità coloniali spagnole.